Da sempre interessato all’autodifesa, ho intrapreso il mio percorso a otto anni, iniziando la pratica dello Judo. L’interruzione della pratica, dopo tre anni, per motivi logistici, mi ha portato a contatto con altre discipline, facendomi comprendere l’importanza di non limitare i propri movimenti e il proprio pensiero agli schemi imposti da un solo metodo.

Ho sperimentato diverse discipline, sempre alla ricerca di uno stile che si adattasse alle mie specifiche attitudini. Dopo aver provato il Tae Kwon Do, il pugilato e la kickboxing, nel 1997 ho conosciuto il Maestro Angiolini ed ho iniziato, sotto la sua guida, la pratica del Karate Wado Ryu. Nel 1999 è iniziata la mia attività agonistica, terminata nel 2003, per dedicarmi alla carriera militare.

Orientato all’efficacia, ho praticato, per cinque anni, il Krav Maga. Durante un allenamento, i movimenti dell’istruttore hanno riportato alla mia memoria un bunkai visto praticare, sei anni prima, dal Maestro Angiolini.

Ho ripreso, nel 2009, anche la pratica del karate, senza dedicarmi esclusivamente al kumite sportivo, come avevo fatto negli anni precedenti.

Nel 2010 ho partecipato al Open Winter Course, col Prof. Tatsuo Suzuki, a Londra. Nello stesso anno ho conseguito il I Dan, nel 2011, la qualifica di aspirante allenatore, nel 2012 il II Dan.

Nel 2013, assieme a Francesco Vasques, ho sviluppato un nuovo metodo di allenamento per gli agonisti, che vede la preparazione atletica, tecnica e strategica come momenti separati e con una propria dignità, al fine di costruire atleti più completi e consapevoli delle proprie capacità.

L’esempio del Maestro Angiolini e l’esperienza nell’allenamento dei giovani agonisti mi hanno insegnato l’importanza di riuscire a trasmettere quanto di meglio possiamo offrire ai ragazzi per supportarli, non solo all’interno delle mura del dojo, e guidarli nel diventare adulti responsabili.

Vedo nel Karate Wado Ryu un punto d’incontro tra un tradizionale e un moderno modo di affrontare l’avversario, dove l’efficacia delle tecniche non è pregiudicata dalle dimensioni fisiche del praticante, ma dal suo spirito.

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